Le malattie infiammatorie croniche intestinali


Le malattie infiammatorie croniche intestinali

Le malattie infiammatorie intestinali (IBD) sono una condizione recidivante e remittente caratterizzata da un'infiammazione cronica in vari tratti dell'apparato gastrointestinale.

Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (IBD) sono un gruppo di malattie caratterizzate dall’infiammazione ed il danneggiamento del canale digerente, dalla bocca all'ano e comprendono la malattia di Crohn, la rettocolite ulcerosa, la colite ischemica. Sono circa 7 milioni gli ammalati a livello mondiale e si calcola che in Italia circa 250.000 persone siano oggi affette da queste patologie.

Le cause della patologia sono per lo più ignote, nonostante siano noti alcuni fattori di rischio quali una predisposizione genetica e la presenza di un microbiota intestinale predisponente in grado di innescare una violenta risposta immunitaria. Sebbene la patologia possa essere diagnosticata a qualsiasi età, la maggior parte delle diagnosi avvengono in persone di età compresa tra i 14 ed i 24 anni, con solo pochi casi diagnosticati tra i 50 ed i 70 anni.

Le cause e i fattori di rischio

Una delle cause principali è quella di una reazione immunologica abnorme da parte dell’intestino nei confronti di antigeni (per esempio i batteri costituenti il microbiota intestinale). Questo squilibrio immunologico può instaurarsi per un’alterata interazione tra fattori genetici propri dell’individuo e fattori ambientali, questi ultimi ancora non bene identificati.

Un’altra causa prevalente in alcuni soggetti è la trasmissione genetica familiare cioè la tendenza a presentarsi con maggior frequenza nei parenti delle persone affette, ma non sono malattie ereditarie in senso stretto. 

La causa delle sbagliate abitudini è considerata preponderante soprattutto per i soggetti che abitualmente fumano sigarette che, curiosamente, predispone alla malattia di Crohn ma sembra essere protettiva nei confronti della rettocolite ulcerosa.

I principali sintomi delle malattie infiammatorie intestinali

Le manifestazioni sintomatiche delle malattie infiammatorie intestinali non sono uniformi ma tipicamente contrassegnate da periodi di remissione e recidive. I sintomi più comuni che le accompagnano sono: profonda stanchezza, inappetenza, dolore addominale, vomito, diarrea, flatulenza, sangue nelle feci, abbondante presenza di muco negli escrementi, stimolo frequente all'evacuazione con senso di incompleto svuotamento intestinale (tenesmo) e perdita di peso. 

In poco meno della metà dei casi, inoltre, possono essere presenti manifestazioni extra-intestinali immunomediate come infiammazioni articolari (ad esempio le spondiloartriti), cutanee (ad esempio l’eritema nodoso, il pioderma gangrenoso, la stomatite aftosa, la psoriasi), oculari (ad esempio l’episclerite, la sclerite, l’uveite, l’irite), epatiche (ad esempio la colangite sclerosante primitiva).

Altra caratteristica distintiva tra le malattie infiammatorie intestinali e quelle prive di componente flogistica è il frequente riscontro, nelle prime, di manifestazioni cliniche anche di carattere extraintestinale, soprattutto a livello della pelle (eritema nodoso e dermatosi granulomatosa), del fegato (colangite sclerosante primaria), delle articolazioni (artrite, spondilite anchiolosante) e degli occhi.

Diagnosi

Gli esami strumentali che aiutano una pronta e corretta diagnosi delle malattie infiammatorie croniche intestinali sono:

  • la colonscopia con visualizzazione retrograda dell’ileo e biopsie multiple;
  • la definizione del quadro anatomo-patologico delle biopsie intestinali, mediante esame istologico;
  • l’ecografia addominale e dell’intestino, l’entero risonanza (entero-RM) o l’entero TAC (entero-TC);
  • gli esami ematici e fecali.

 

Cura e trattamento

Attualmente non esiste un protocollo terapeutico standardizzato ed universalmente efficace; nelle fasi acute generalmente vengono impiegati i più potenti farmaci antinfiammatori esistenti in terapia, i cortisonici, che devono però essere assunti soltanto per brevi periodi di tempo. Nelle fasi di remissione, in alternativa od in associazione ad essi, possono essere impiegati anche salicilati, farmaci immunosoppressori o anticorpi anti-TNF alfa (una molecola prodotta dalle cellule immunitarie). Nei casi più gravi può rendersi necessario l'intervento chirurgico, a volte con effetto terapeutico risolutivo.

La terapia medica nelle forme non complicate si basa sull’uso di farmaci come la mesalazina, i corticosteroidi, gli immunosoppressori (es. azatioprina/6-mercaptopurina, metotrexato), alcuni antibiotici e i farmaci biologici, come gli anticorpi bloccanti il Tumor necrosis factor alfa (TNFa), gli anti-integrine e gli anti-interleuchine. Recentemente sono disponibili anche piccole molecole orali che bloccano selettivamente alcune vie dell’infiammazione (anti-Janus chinasi – anti-JAK) o bloccano alcuni linfociti all’interno dei linfonodi, impedendone la migrazione nelle zone infiammate dell’intestino (modulatori del recettore S1P).

La Malattia di Crohn

La Malattia di Crohn è una patologia infiammatoria intestinale caratterizzata da un’infiammazione acuta e cronica del tratto gastrointestinale e influenzata sia nell’insorgenza che nel decorso da numerosi fattori:

  • ambientali
  • comportamentali: il fumo da sigaretta è uno dei fattori di rischio della malattia e ne aumenta il numero di riacutizzazioni
  • genetici: più del 20% delle persone affette dal Morbo di Crohn ha un parente stretto (genitore, figlio, fratello) diagnosticato con una patologia cronica dell’intestino.

In Italia, dove se ne registrano 8.000 nuovi casi all’anno, le persone malate di Crohn sono 70.000 circa, senza distinzione fra uomini e donne. La frequenza della malattia aumenta nei Paesi occidentali, in particolare nelle popolazioni di origine nordeuropea e anglosassone.

L’infiammazione causata dal Morbo di Crohn si localizza principalmente:

  • nell’ultima parte dell’intestino tenue (ileo): nel 35% dei casi la malattia colpisce il solo tenue 
  • nella prima parte del colon: nel 20% dei casi il Crohn si manifesta solo nel colon, escludendo il retto.

Nel 45% dei pazienti il Crohn riguarda sia il tenue che il colon. Al di là di queste osservazioni basate sulle rilevazioni statistiche, la patologia può colpire qualsiasi tratto dell’apparato digerente. Normalmente la malattia si manifesta a macchia di leopardo, interessando aree inframmezzate a zone che rimangono sane (lesioni a salto).

I sintomi del Crohn dipendono dalla porzione di intestino colpita e, in generale, sono:

  • dolore addominale di tipo crampiforme, spesso assente nei bambini
  • perdita di peso: è causata dall’inappetenza e dallo scarso assorbimento delle sostanze nutritive legato alle cattive condizioni della mucosa intestinale (malassorbimento)
  • dissenteria cronica, talora emorragica (che si verifica quando il colon è compromesso) e conseguente disidratazione
  • perdita di appetito, che nei bambini può comportare ritardo della crescita
  • febbre
  • affaticamento, astenia.

Le complicanze del Crohn possono essere:

  • infezioni delle vie urinarie
  • fistole: si tratta di canali di connessione anomala fra intestino e cute o intestino e vescica che nascono sulla base di ulcere e fissurazioni della parete intestinale
  • ulcere
  • ascessi: sono sacche di raccolta di materiale purulento che si formano a causa di infezioni localizzate nella cavità addominale. Possono essere originati da un’ulcera
  • megacolon tossico: si tratta di una complicanza rara che può verificarsi quando l’intestino tenue viene colpito da paralisi e la stasi del suo contenuto porta allo sviluppo massivo di gas, che distendono la parete addominale. La risoluzione del megacolon tossico può richiedere l’intervento chirurgico
  • ostruzione intestinale: può instaurarsi quando, a seguito della formazione di un’ulcera, il tessuto cicatriziale deposto nel tentativo di chiudere la lesione causa una stenosi (restringimento) del lume intestinale. La risoluzione dell’ostruzione prevede l’esecuzione di un intervento chirurgico 
  • tumore del colon: la presenza del Crohn aumenta il rischio del paziente di sviluppare un cancro del colon.

Se la sintomatologia non viene adeguatamente controllata con la terapia farmacologica il paziente può dover affrontare numerosi episodi di ospedalizzazione ed interventi chirurgici, nonché una condizione di disabilità. Nei bambini la chirurgia viene generalmente prescritta nel caso in cui la malattia causi un ritardo nella crescita.

La colite ulcerosa

La colite ulcerosa è una Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale che presenta numerose differenze con il Crohn:

  • non interessa l’intera parete intestinale
  • non si localizza nell’intestino tenue
  • interessa il retto, risparmiato invece dal Crohn
  • le ulcere che causa sono superficiali; non provoca la formazione di fistole o ascessi
  • non riconosce il fumo da sigaretta fra i fattori di rischio.

Le cause della colite ulcerosa sono riconosciute nei fattori genetici e nella eccessiva reattività immunitaria della mucosa intestinale. 
L’attacco di colite ulcerosa (riacutizzazione) compare in maniera improvvisa e si protrae per giorni o settimane, comportando: 


 

  • diarrea violenta con perdita di muco e sangue: è la ricorrente diarrea emorragica a lasciar supporre l’ipotesi di diagnosi del Crohn e a portare il medico alla prescrizione di esami che la considerino
  • febbre alta
  • perdita di peso
  • dolore addominale
  • malessere che può assumere le caratteristiche di una profonda prostrazione
  • peritonite: talora la mucosa che riveste la cavità addominale (il peritoneo) può andare incontro ad infiammazione generale.


Le complicanze della malattia possono riguardare il protrarsi della sintomatologia o la sua degenerazione:

  • sanguinamento: è la complicanza più comune, che può indurre anemia
  • colite fulminante: si tratta di un evento grave, che può verificarsi in pazienti colpiti da un attacco particolarmente violento e progressivo, che porta alla perforazione del colon e alla peritonite diffusa. Questa evenienza danneggia le fibre nervose addominali, portando all’insorgenza dell’ileo paralitico (condizione nella quale l’intestino risulta paralizzato, privo della sua fisiologica motilità) e gonfiore addominale (per lo sviluppo massivo di gas legato alla sospensione dell’attività d’organo e alla stasi del contenuto intestinale). La dilatazione si intensifica, fino a dare origine al megacolon tossico, circostanza accompagnata da febbre elevata e dolore addominale intenso
  • tumore del colon: il rischio di sviluppare il cancro del colon aumenta a partire dal settimo anno dall’esordio della malattia, nei casi in cui essa è particolarmente estesa. Il tasso di sopravvivenza a lungo termine dei pazienti colpiti da degenerazione tumorale è pari a circa il 50%. La prognosi migliora se il tumore viene diagnosticato precocemente e la porzione di intestino coinvolta asportata in tempi rapidi.

Le complicanze possono essere presenti anche quando il paziente non è in fase di riacutizzazione del Crohn. La loro incidenza è minore nei pazienti affetti da proctite ulcerosa, ossia le persone in cui la malattia si localizza a livello dell’intestino retto. In questi casi la chirurgia è quasi sempre non necessaria e il rischio di cancro non è aumentato rispetto alla popolazione normale. I pazienti con proctite possono essere trattati con clisteri di immunomodulatori, evitando la somministrazione sistemica, associata ad effetti collaterali molto maggiori, sia in numero che in gravità.

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Immagine Paziente dottore

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