Gomito del tennista: sintomi e trattamenti


Gomito del tennista: sintomi e trattamenti

L’epicondilite è un infortunio dovuto a un uso eccessivo e protratto nel tempo del braccio, soprattutto quando si ripetono numerose volte specifici movimenti; l’esempio classico è il gesto atletico del tennis

Con l'espressione "gomito del tennista" viene definita l'epicondilite, un'infiammazione dolorosa dei tendini che collegano i muscoli dell'avambraccio alla parte esterna del gomito. L’epicondilite è una particolare tendinopatia a carico dei tendini estensori del polso e delle dita. L’infiammazione origina quando i tendini vengono sollecitati in modo continuativo con determinati movimenti del braccio, del polso o della mano. Questa patologia richiede diverso tempo per risolversi e, se non viene adeguatamente curata, può portare anche alla perdita di funzionalità del braccio.

I sintomi

I sintomi tipici dell’epicondilite comprendono:

  • dolore che si irradia dalla parte esterna del gomito fino all’avambraccio e al polso,

  • dolore quando si usa il polso,

  • debolezza dell’avambraccio,

  • dolore che peggiora nel corso di settimane o mesi,

  • dolore durante l’uso della mano per fare presa, come le strette di mano, e nei movimenti di torsione come girare una maniglia,

  • dolore durante l’estensione del braccio,

  • incapacità di tenere certi oggetti in mano, come ad esempio una penna.

Come viene trattata la patologia?

Nella maggior parte dei casi si ricorre a terapie in grado di diminuire l’infiammazione e il dolore per permettere al paziente di ritornare alle normali attività, anche se è abbastanza comune che il disturbo si ripresenti nel tempo.

I trattamenti includono:

  • la limitazione o l’astensione dai movimenti che provocano dolore, come quelli di sollevamento di pesi con la mano rivolta con il palmo in basso;

  • impacchi locali con ghiaccio;

  • l’applicazione di un tutore all’avambraccio in prossimità del gomito o di un tutore per il polso, utile per proteggere la muscolatura sofferente fino alla guarigione;

  • l’assunzione per bocca di farmaci anti-infiammatori e, nei casi più gravi o di lunga data, l’infiltrazione locale di cortisonici;

  • movimenti da compiere con lo scopo di distendere e rinforzare la muscolatura per ridurre il rischio che l’infiammazione ritorni;

  • terapie fisiche locali (laser, ultrasuoni, onde d’urto, fisiokinesiterapia);

  • intervento chirurgico se i trattamenti suddetti non portano beneficio.

Il dott. Roberto Leo, responsabile della Struttura Semplice di Chirurgia di gomito e spalla dell'ASST Gaetano Pini-CTO, per anni nel team del CONI, spiega come si sviluppa l’infiammazione che genera il dolore e qual è la terapia.

Quando si parla di gomito del tennista a cosa si fa riferimento?

Con questa espressione si fa riferimento a una infiammazione dolorosa dei tendini che collegano i muscoli dell’avambraccio alla parte esterna del gomito, il cui nome scientifico è epicondilite. Viene comunemente detta gomito del tennista perché la natura di questa infiammazione è da ricercarsi nel carico funzionale costante e dell’usura dei tendini dovuto al ripetersi di gesti ad alto impatto meccanico, come avviene per i tennisti quando devono colpire la palla.

Il gesto atletico impone ai muscoli una contrazione esplosiva e ai tendini una conseguente trazione. Ma questa patologia può colpire anche altri soggetti come alcune categorie professionali che sottopongono i tendini a sovraccarico, come gli operai delle catene di montaggio, gli operatori edili, ecc. provocando lo scompaginamento della struttura delle fibre e un processo di infiammazione cronico: è come se il tendine si fosse rotto, ma non lo è.

Quando il paziente, che prova dolore al gomito, deve preoccuparsi?

Quando percepisce il fastidio al gomito anche a freddo. Sarà poi la visita di uno specialista ortopedico o fisiatra a stabilire se si tratta di questa patologia e a valutarne il grado di gravità.

Come può intervenire lo specialista?

L’ortopedico può sottoporre innanzitutto il paziente a una terapia che serva a ridurre i livelli di infiammazione. È utile sottoporsi sin da subito alla crioterapia, ossia banalmente raccomandando l’uso del ghiaccio localmente. Possono poi essere prescritte anche terapie fisiche come le onde d’urto focali, la Tecarterapia che sfrutta un campo magnetico, la laser terapia o la fisioterapia intesa come adeguata terapia manuale di supporto eseguita da un terapista della riabilitazione. 

Quando è, invece, necessario l’intervento chirurgico e come si svolge?

L’intervento deve essere la cosiddetta “ultima spiaggia”, quando tutte le possibili terapie hanno fallito. Il primo livello di intervento avviene mediante l’infiltrazione di fattori di crescita, derivati dal sangue o dal grasso sottocutaneo. Essi stimolano le cellule tendinee in senso riparativo inducendo in questo modo un processo naturale, perché il nostro corpo è spesso in grado di ripararsi autonomamente, come avviene con i tagli sulla cute, per esempio.

Il secondo livello di intervento consiste nell’intervento chirurgico vero e proprio nel quale si “rivitalizza” la zona dell’osso sul quale i tendini sofferenti si agganciano; in tal modo il micro sanguinamento locale che si produce, stimola al massimo livello i processi di riparazione spontanea dei tendini.

Dopo quanto tempo dall’intervento il paziente può tornare alle proprie attività?

Molto dipende dall’età del paziente e dalle sue condizioni di salute generali. Più il soggetto è giovane, minore sarà il tempo di ripresa. Serve comunque almeno un mese di riposo per tornare alle attività della vita quotidiana e dai tre ai sei mesi di stop per tornare a fare sport.

 

FONTE: Centro Specialistico Ortopedico Traumatologico Gaetano Pini-CTO

Immagine Paziente dottore

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