La malattia di Kawasaki è una infiammazione che colpisce i vasi sanguigni dei bambini e si manifesta con sintomi tipici: la febbre elevata e persistente, un’eruzione cutanea, delle irritazioni delle mucose e delle estremità di mani e piedi.
La malattia o sindrome di Kawasaki è un'infiammazione acuta dei vasi di piccolo e medio diametro di tutte le parti del corpo, colpisce soprattutto i bambini al di sotto dei 5 anni e causa febbre e una particolare eruzione cutanea di varie forme.
La causa della malattia di Kawasaki
La causa della Sindrome di Kawasaki è sconosciuta, ma si pensa che possa essere provocata da un malfunzionamento del sistema immunitario; poiché la sindrome NON è trasmissibile/contagiosa, l’ipotesi prevalente è quindi che possa essere il risultato di una combinazione tra fattori esterni (un virus od altro) ed una predisposizione genetica.
Il fattore scatenante la malattia potrebbe essere l’esposizione ad un agente microbico responsabile in condizioni di normalità di una banale malattia infettiva, oppure l’incontro con un inquinante ambientale che generalmente risulta innocuo. In soggetti predisposti quindi il sistema immunitario, che nei bambini è ancora immaturo, può reagire con una risposta sproporzionata al reale pericolo rappresentato dall’agente, andando a perdere la sua capacità intrinseca di riconoscere come proprie e sicure le strutture appartenenti al nostro corpo, distinguendole da ciò che invece è esterno e potenzialmente dannoso. In questo modo si sviluppa un attacco anche contro alcune componenti strutturali dei vasi sanguigni, determinando lo sviluppo di infiammazione.
I principali sintomi della malattia di Kawasaki
La sindrome di Kawasaki presenta una iniziale fase acuta dalla durata di 1-2 settimane ed è caratterizzata dall’esordio con febbre costantemente alta, con punte che superano i 40° e che non si abbassa con i comuni farmaci antipiretici.
Alla febbre si aggiungono sintomi tipici di un’infezione delle alte vie aeree cioè
tosse,
raffreddore,
congiuntive arrossate in entrambi gli occhi,
fastidio nell’osservare la luce (fotofobia),
gola arrossata,
irritabilità.
In genere entro 5 giorni dall’insorgenza della febbre compare l’ “esantema polimorfo”, cioè la presenza di macchie arrossate sulla cute del tronco, del viso e della zona del pannolino; anche le mani e i piedi sono coinvolti: le dita presentano un rigonfiamento duro e a volte doloroso sul dorso mentre può apparire un arrossamento sui palmi e sulle piante.
La mucosa della bocca appare arrossata, con vescicole e ulcere, le tonsille sono ingrossate e infiammate, le labbra sono secche, fissurate e possono sanguinare. La lingua assume un aspetto detto “a fragola”, viene cioè rivestita da una patina bianca con puntini rossi più evidenti dovuti alla desquamazione e infiammazione delle papille gustative.
Meno frequentemente si possono avere
ingrossamento dei linfonodi del collo,
diarrea,
vomito,
rifiuto del cibo,
dolore addominale,
sordità temporanea,
dolori articolari diffusi.
Una seconda fase è di tipo sub-acuto, nella quale il bambino va incontro a un progressivo miglioramento clinico, associato a un lento miglioramento degli esami di laboratorio, che si caratterizzano in questa fase generalmente per la comparsa di una netta trombofilia (aumento delle piastrine).
La fase 3 riguarda la convalescenza (settimane 4-6). I disturbi (sintomi) cominciano a migliorare e tutti i segni della malattia tendono a scomparire. Tuttavia, il bambino può ancora manifestare una mancanza di energia e stanchezza (astenia).
Raramente in questa fase si manifestano le complicazioni cardiache.
Diagnosi
Non c'è alcun esame specifico per accertare (diagnosticare) la malattia di Kawasaki. Il medico curante conferma la presenza della malattia in base ai disturbi che osserva e ad una accurata visita medica.
Si può affermare che un bambino sia colpito dalla malattia di Kawasaki se la sua temperatura corporea, per più di cinque giorni, è pari a 38°C o superiore (febbre) e se sono presenti almeno quattro disturbi (sintomi) “chiave”:
congiuntivite ad entrambi gli occhi (bilaterale) senza secrezione purulenta: occhi rossi e gonfi
alterazioni a carico della bocca o della gola: labbra secche e screpolate o lingua rossa e gonfia
alterazioni in corrispondenza di mani/piedi (estremità): mani/piedi gonfi e dolenti o pelle arrossata o desquamazione del palmo delle mani o della pianta dei piedi
macchie e rilievi sulla pelle (eruzione cutanea)
gonfiore dei linfonodi del collo
Il medico curante, per confermare che i disturbi osservati siano causati dalla malattia di Kawasaki, dovrà eseguire alcuni esami per escludere la presenza di altre malattie caratterizzate da disturbi simili come, ad esempio:
scarlattina: un'infezione batterica che causa la comparsa di tipiche macchie rosa o rosse sulla pelle (rash cutaneo)
sindrome da shock tossico: una rara infezione batterica pericolosa per la vita
morbillo: una malattia virale altamente contagiosa che provoca febbre e macchie rosso-marrone sulla pelle
mononucleosi: un’infezione virale che può causare febbre e gonfiore dei linfonodi
sindrome di Stevens-Johnson: una reazione allergica ai farmaci molto grave
meningite virale: un'infezione delle membrane protettive che avvolgono il cervello (le meningi) e del midollo spinale
lupus eritematoso: una malattia autoimmune che può causare una serie di disturbi (sintomi) tra cui stanchezza, dolori articolari e eruzione cutanea
Diversi esami, effettuati durante i primi 7-10 giorni dalla comparsa dei disturbi, contribuiscono all'accertamento (diagnosi) della malattia di Kawasaki:
analisi delle urine (per valutare la presenza di globuli bianchi)
analisi del sangue (per verificare il numero dei globuli bianchi o piastrine)
puntura lombare (prelievo di un campione di liquido cerebrospinale attraverso un ago inserito tra le vertebre della colonna vertebrale inferiore)
Seppur non determinanti se valutati individualmente, combinati con alcuni dei disturbi principali causati dalla malattia tali esami possono aiutare a confermare la diagnosi.
Poiché la malattia di Kawasaki può causare complicazioni al cuore, il bambino che ne è colpito dovrà sottoporsi ad alcune indagini:
elettrocardiogramma (ECG), esame che misura l'attività elettrica del cuore utilizzando degli elettrodi applicati sulle braccia, sulle gambe e sul torace
ecocardiogramma, analisi che utilizza delle onde sonore ad alta frequenza per produrre delle immagini del cuore visibili dal medico su uno schermo
tomografia computerizzata o angiografia cardiovascolare a risonanza magnetica, tecniche avanzate di "imaging cardiovascolare" che consentono d'identificare dilatazioni aneurismatiche, centrali o periferiche, nel sistema vascolare
Durante la fase acuta della malattia di Kawasaki (settimane 1-2), possono essere identificate diverse anomalie cardiache quali:
rapida frequenza del ritmo cardiaco (tachicardia)
versamento di liquido nella membrana che riveste il cuore (versamento pericardico)
infiammazione del muscolo cardiaco (miocardite)
La maggior parte dei casi si risolvono da sei a otto settimane dopo la manifestazione iniziale anche se, in alcuni bambini, possono insorgere ulteriori complicazioni.
Come si cura la malattia di Kawasaki
I bambini con il morbo di Kawasaki devono essere trattati da un'équipe multidisciplinare che includa un cardiologo pediatra esperto, uno specialista in malattie infettive pediatriche o un reumatologo pediatra. La terapia va iniziata il più presto possibile, idealmente entro i primi 10 giorni di malattia, con una combinazione di alte dosi di IgEV ed alte dosi di aspirina, necessarie in quanto il metabolismo di quest'ultima risulta essere imprevedibile in fase acuta.
La maggior parte dei pazienti ha una risposta significativa nelle prime 24 h dall'inizio della terapia. I bambini che ricevono IgEV possono avere una risposta ridotta ai vaccini con virus vivi. Pertanto, sarebbe buona norma procrastinare il vaccino anti-morbillo-parotite-rosolia e quello anti-varicella di 11 mesi a partire dal momento in cui si mette in atto la terapia con IgEV. Se il rischio di esposizione al morbillo è alto, la vaccinazione deve essere praticata, ma dopo 11 mesi deve essere effettuata una rivaccinazione (o l'esame sierologico).
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